Amazzonia, finalmente tornano gli alberi
Il tempo stringe e grazie all’uomo il polmone del Pianeta potrebbe tornare a respirare veleno e a restituire proprio all’uomo aria pulita, ossigeno per i suoi polmoni.
E’ quanto si ripromette di fare il presidente brasiliano Lula, che dopo aver conquistato le Olimpiadi del 2020, sembra ora non voler arrivare a quell’appuntamento con le critiche dell’universo mondo, che da sempre chiede di interrompere la sistematica deforestazione della Foresta Amazzonica, cuore verde del Pianeta.
“Da qui al 2020”, promette Lula, che in dicembre darà l’annuncio ufficiale nell’ambito della conferenza sul clima di Copenhagen, “taglieremo dell’80% il disboscamento della Foresta. Questo vuol dire”, aggiunge il presidente brasiliano, “che smetteremo di produrre inquinamento per 4,8 miliardi di tonnellate di CO2”, il principale responsabile dell’effetto serra e quindi del riscaldamento globale che ci minaccia tutti da vicino.
A Copenhagen, in dicembre, 192 paesi cercheranno di mettere una pezza al disastrato e disatteso protocollo di Kyoto e dare vita ad una nuova intesa per ridurre le emissioni inquinanti e salvare il mondo da un riscaldamento che minaccia tutti da vicino, nessuno escluso.
Il Brasile è la quarta potenza inquinante al mondo, un autentico protagonista nel rilascio dei gas responsabili dell’effetto serra.
E secondo le stime del governo brasiliano la deforestazione dell’Amazzonia rappresenta il 60% di queste emissioni: il restante 40% proviene invece dall’industria, dagli allevamenti e dall’agricoltura.
La nuova proposta brasiliana va più lontano della precedente, annunciata nel dicembre 2008, quando il Brasile si fissò l’obiettivo di ridurre la deforestazione del 70% entro il 2018.
Ma a Copenhagen Lula esigerà una contropartita finanziaria per il suo progetto, perchè anche i gli altri paesi industrializzati si assumano una parte di responsabilità: “Non solamente per ridurre le emissioni a loro volta”, ha spiegato Lula, “ma perchè risarciscano il danno ambientale causato fin’ora. Occorre fare una grande diferenza tra i paesi ricchi, che portano avanti una politica industriale da oltre 150 anni, ed i paesi poveri, che cominciano ora a svilupparsi, e quelli emergenti. La responsabilità dei Paesi ricchi nel riscaldamento globale”, conlude Lula, “è molto molto più grande di quella dei Paesi emergenti”.
Lula non è il solo a voler chiedere risarcimenti ai Paesi industrializzati: c’è anche l’Africa, che compatta, dietro le insegne dell’Unione Africana, è pronta a chiedere il conto per i secoli di inquinamento che il Continente Nero ha solo semplicemente subito.
Fonte: Rai News 24